lunedì 4 aprile 2011

DEMOCRAZIA, ISTITUZIONI, RIFORMA DELLA POLITICA

“Democrazia, Istituzioni, Riforma della Politica”
Forum di Sinistra Ecologia Libertà


Coordinano: Paola Balducci, Elettra Deiana, Dino Di Palma, Francesco Forgione, Carlo Leoni


Il Forum si occupa dei grandi temi di attualità relativi al titolo e promuove riflessioni e approfondimenti sulla materia. Giustizia, federalismo, rapporto tra i poteri dello Stato, nuova cittadinanza sono oggi in primo piano.
 
Dopo il convegno che si è tenuto a Roma il 18 Marzo “Processo breve, riforma della giustizia, Costituzione”, sono in cantiere, in vista delle prossime elezioni amministrative, iniziative in alcune grandi città sui problemi del rapporto tra politica e poteri mafiosi e dell’impatto di questo rapporto sulla vita e lo sviluppo delle città. E’ anche previsto per il mese di aprile un seminario nazionale sul federalismo nelle problematiche costituzionali che solleva e nei risvolti economico finanziari e amministrativi che potrà avere nonché nell’impatto nazionale che potrà produrre.

Piste di lavoro in prima approssimazione

Pensare la riforma della politica significa in primo luogo ripensare  che cosa sia o possa essere di nuovo la politica dopo l’esaurirsi delle categorie – sovranità, Stato, popolo, nazione – su cui si è fondata nella modernità; e poi stabilire in che cosa consista oggi il nucleo essenziale di problemi che rendono necessario parlare di riforma della politica.
La questione prioritaria è la riapertura di uno spazio dell’azione politica. Gli ultimi anni, infatti, ci hanno consegnato una politica ormai sottratta ai cittadini, molto ridotta nella dimensione della sua operatività e soprattutto stravolta nella sua funzione di pubblica utilità per il governo del bene pubblico e del vivere associato.
E’ sostanzialmente inaridito il canale della partecipazione politica attraverso i partiti (problematiche relative all’art. 49 della Costituzione). e l’indebolimento del sindacato ha reso impraticabile anche quella funzione di intermediazione politica cui le associazioni sindacali avevano assolto per un lungo periodo della storia della Repubblica (problematiche intorno alla proposta di una legge di rappresentanza del mondo del lavoro).
L’ indebolimento delle organizzazioni sindacali, dei partiti politici, delle reti dell’associazionismo e il venir meno della fiducia nell’efficacia dell’azione collettiva, hanno lasciato le persone in una condizione di solitudine e hanno determinato, per rivendicare un diritto o per protestare contro un torto subito, un ricorso massiccio alla giurisdizione : l’impennata delle cause civili, ma anche penali e del lavoro, ne è una testimonianza. La mancanza in Italia di una cultura della mediazione e della risoluzione delle controversie fuori dal processo, ha fatto il resto: i Tribunali sono intasati, la prescrizione – de jure o de facto – diviene la norma.
In questo contesto il momento elettorale si è via via caricato di una valenza ultraplebiscitaria, superiore anche a quella comunemente ascritta alle consultazioni elettorali da una parte della dottrina (Gerhard Leibholz), mentre  al Parlamento è sottratto il potere di discutere e decidere, a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso smodato alla questione di fiducia (problematiche relative al sistema politico e alla legge elettorale). La conseguenza è che l’agire politico nella dimensione “alta” della politica è ormai riservato al solo livello dell’Esecutivo e solo ai suoi livelli più elevati, secondo una costruzione verticistica che ha pochi eguali nel mondo occidentale (problematiche relative alle proposte presidenzialiste o di rafforzamento del primato dell’esecutivo).
L’equilibrio tra i poteri dello Stato è saltato. L’insofferenza degli esecutivi verso le istituzioni e gli organi demandati al controllo di legalità è ormai una patologia del sistema italiano dominato dal berlusconismo.
Ma anche il dissennato approccio leghista alle problematiche del federalismo fiscale contribuisce a moltiplicare le spinte centrifughe e favorisce lo smottamento delle istituzioni democratiche. (problematiche relative alle legge 42 del 9 maggio 2009 sul Federalismo fiscale).
Occorre chiedersi e capire perché tutto questo sia avvenuto, quali siano le radici profonde di queste dinamiche involutive. Riformare la politica infatti non è un progetto volontaristico, riducibile a un esercizio di buoni propositi e di buone regole. Va fatto un radicale esercizio di analisi e interpretazione di ciò che è avvenuto e di come possiamo tentare nuove strade.
La metamorfosi della politica e lo snaturamento delle sue finalità chiamano in causa anche trasformazioni profonde di natura antropologico-culturale della società (problematiche relative al declino dell’uomo pubblico e al rafforzarsi delle logiche individualiste)

In particolare, nel periodo che abbiamo alle spalle, con l’accelerazione impressa alla vicenda politico-istituzionale dall’uscita di Fini dal Pdl e dalla formazione del Fli, la crisi di regime instaurata dal berlusconismo ha raggiunto il suo culmine in forme parossistiche, per poi rientrare velocemente dopo colpi di coda che sembravano definitivi e che si sono invece rivelati soltanto come i contraccolpi di un conflitto tra i poteri, devastante per le istituzioni ma salvifico per il premier.
Le problematiche a questo proposito sono molteplici e chiamano in causa in modo particolare la cosiddetta anomalia italiana, la realtà di un Paese privo di regole, consapevole di esserlo e legittimato in questa vocazione da quasi vent’anni di berlusconismo.  Soltanto una simile anomalia spiega il fatto che un premier, dopo la valanga che lo ha colpito con le vicende del periodo compreso tra novembre 2010 e febbraio 2011 sia potuto restare in sella.
La crisi politica del nostro Paese presenta la peculiarità di essere la conseguenza dell’assalto portato alle istituzioni da un plutocrate avente quali scopi determinanti la difesa dei propri interessi ed in grado di costruire un consenso a cascata grazie al possesso di un impero mediatico senza precedenti nella storia delle democrazie occidentali (tematiche relative al rapporto media politica).
Ma la crisi italiana va oltre la dimensione politica, oltre gli aspetti pure importanti dell’indebolimento delle rappresentanze, dello smottamento degli assetti democratici e dello stesso declino della Costituzione.
L’Italia è ormai immersa da tempo in una crisi di legalità, come attestano gli osservatori nazionali e internazionali: dal lavoro nero all’evasione fiscale, dall’abusivismo edilizio ai trucchi e agli inganni nei concorsi  e negli appalti.
L’incontrastato dilagare dell’illegalità fa il paio con l’assuefazione e l’accettazione sociale di comportamenti a vario titolo illeciti. E la crisi di legalità mette in luce l’intreccio ormai costitutivo – non solo contiguità o collusione - tra finanziarizzazione dell’economia e malaffare da mafie, una metastasi devastante che è arrivata in profondità nelle regioni del Nord, come ribadiscono anche esponenti dell’imprenditoria di là. ( tema: l’intreccio tra malavita organizzata e politica)

Le responsabilità del berlusconismo sono gigantesche, anche nell’avere accelerato e moltiplicato gli elementi di corruzione del Paese. Di questo aspetto è emblema il nesso sesso potere, vera e propria metafora della specifica forma assunta dal potere berlusconiano. Se, come dice Gustavo Zagrebelski, le notti di Arcore mettono in scena in miniatura, “esattamente ciò che avviene sul grande palcoscenico della politica nazionale”, la giostra sessuale intorno al sovrano, in quel nesso sesso/soldi/potere che la fonda e la performa, parla del Paese in ogni suo aspetto e risvolto, è il simbolo di un guasto profondo della nazione, che è penetrato come un virus nella fisiologia civile del Paese, nel funzionamento delle istituzioni nella trama relazionale tra le persone. E si è annidato in profondità nei meccanismi che regolano lo scambio  tra chi può dare e chi può ottenere. Scambio che ormai avviene per lo più fuori da ogni legge, limite, decenza, perché il potere è guasto fino al midollo (tema del rapporto sesso/potere).    

Se le cose stanno come abbiamo fin qui descritto, è del tutto evidente che la sinistra deve attestarsi a difesa dei principi e dell’ordinamento fondamentale della Costituzione del ’48. Ma è parimenti evidente che collocarci su una frontiera puramente difensiva non basta. Non si tratta, però, di partecipare al balletto stucchevole e politicista delle “riforme costituzionali”. Il referendum popolare di qualche anni fa ha detto una parola definitiva sui ricorrenti tentativi di stravolgere la nostra carta fondamentale. Si tratta piuttosto di progettare e sperimentare nuove idee e nuove pratiche di partecipazione alla decisione pubblica, che riempiano la cornice costituzionale di nuova linfa. Senza di questo rischieremmo di attestarci a difesa di un guscio ormai svuotato dall’offensiva della destra e dall’ignavia del centrosinistra.                                                                                                                                                                                                                                                                                                
Un aspetto essenziale del problema, lasciato per lo più in ombra o del tutto  ignorato, è il tema dei soggetti della politica.
Soggetti “generali” come quelli della tradizione della sinistra, che hanno svolto un ruolo essenziale nella vicenda storica del Novecento: il movimento operaio, i sindacati, i partiti e oggi sembrano entrati in obsolescenza. Soggetti di movimento, soggetti dei cosiddetti nuovi diritti che compaiono e si ritirano come un fiume carsico ma cambiano anche la geografia del mondo, come succede sull’altra sponda del Mediterraneo. In Italia i migranti rendono urgente il tema della nuova cittadinanza.

Nota a cura del Forum “Democrazia, Istituzioni, Riforma della Politica


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